Sono sempre di più le persone che sperimentano spiacevoli disturbi gastrointestinali dopo aver consumato prodotti contenenti lattosio. Anche tu pensi di soffrire di questo tipo di intolleranza? Se sì, in questo articolo ti spiegheremo come viene correttamente diagnosticata l’intolleranza al lattosio, e come gestire e affrontare al meglio la quotidianità qualora ne soffrissi.

Su scala globale, l’intolleranza al lattosio non è affatto l’eccezione, ma la regola. Nei Paesi africani e asiatici, i soggetti che ne soffrono arrivano addirittura al 90% della popolazione. L’intolleranza al lattosio è l’intolleranza a un tipo di zucchero contenuto nel latte (il lattosio, per l’appunto). È importante sapere che non si tratta di una malattia o di un’allergia, ma di un’intolleranza alimentare.

Perciò, che cos’è esattamente l’intolleranza al lattosio?

Nei soggetti colpiti, l’enzima lattasi viene prodotto in quantità insufficienti, oppure non viene prodotto affatto. Normalmente la lattasi trasforma il disaccaride lattosio nei monosaccaridi galattosio e glucosio. Di solito l’enzima è presente fin dalla nascita, allo scopo di digerire il latte materno. Perciò l’intolleranza al lattosio raramente è congenita: spesso si sviluppa in un secondo momento.

Il lattosio si trova in quasi tutti i latticini. In assenza dell’enzima lattasi, il lattosio raggiunge l’intestino crasso senza essere trasformato. Qui viene decomposto dai batteri, producendo gas come metano, anidride carbonica e idrogeno. Questi gas provocano quindi effetti sgradevoli, come diarrea, gonfiore e flatulenza. I sintomi descritti sono solo alcuni dei tanti che analizzeremo a breve.

Abbiamo messo a punto sei consigli su come riconoscere i segnali di un’intolleranza al lattosio, come intervenire e come affrontare la vita quotidiana senza alcun disagio nonostante l’intolleranza.

 

  • Consiglio 1: annotare i disturbi per tenerne traccia

In generale, i sintomi dell’intolleranza al lattosio tendono a interessare più che altro l’area gastrointestinale. Tra questi spiccano senso di gonfiore, diarrea e flatulenza, ma anche nausea, acidità di stomaco e vomito. Tra gli altri sintomi aspecifici rientrano ad esempio malesseri generali come secchezza delle mucose, alito cattivo o mal di testa. Analogamente, possono anche insorgere problemi di natura psicologica a causa dell’intolleranza. I soggetti affetti sono spesso stanchi e spossati, soffrono di umore altalenante e mancanza di concentrazione, o hanno difficoltà a trovare la motivazione. Se hai sintomi del genere, può essere utile annotare in un quaderno tutti i tuoi disturbi e ciò che hai mangiato in precedenza. Questo permette di individuare in modo facile e veloce eventuali schemi ricorrenti, oltre a fungere da base per il secondo consiglio.

 

  • Consiglio 2: diagnosi medica da parte di uno specialista

Dall’ipotesi alla conferma: come viene diagnosticata l’intolleranza al lattosio? Se hai più sintomi tra quelli indicati, ti consigliamo di consultare uno specialista o una clinica per le malattie del metabolismo. Esistono diversi metodi per accertare un’eventuale intolleranza al lattosio. Il più diffuso è l’H2-breath test. In questo caso, si misura la quantità di idrogeno nel fiato dopo l’assunzione di lattosio. Se l’idrogeno nell’aria espirata aumenta in maniera significativa, potrebbe esserci un’intolleranza. Il test viene eseguito nell’arco di tre ore e si dimostra molto attendibile.

Un’altra opzione è il test ematico. In questo caso si misura l’aumento della glicemia in seguito al consumo di lattosio. Se il lattosio raggiunge l’intestino tenue senza essere convertito, verrà rintracciata solo una piccola quantità di glucosio nel flusso sanguigno. Un basso livello di glucosio è quindi un segnale dell’intolleranza al lattosio. Anche questo test richiede tre ore, ma tende a essere meno consigliato per via dei frequenti prelievi di sangue. Questo tipo di esame non viene eseguito sui bambini.

Se ti è stata diagnosticata un’intolleranza al lattosio, è il momento di cambiare il tuo regime alimentare!

  • Consiglio 3: imparare a riconoscere i cibi contenenti lattosio

Attenzione: questo prodotto (non) contiene lattosio!

Il lattosio si nasconde in moltissimi prodotti, senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Spesso si mimetizza con diciture quali lattosio monoidrato, latte in polvere o siero di latte. Perciò, come consumatore, non è sempre facile rintracciarlo. Ecco perché si raccomanda di cucinare il più spesso possibile con alimenti freschi, stando alla larga da cibi molto processati come piatti pronti e prodotti istantanei. Se proprio non hai tempo, studia con attenzione l’elenco degli ingredienti per evitare spiacevoli sorprese.

Al contrario, ci sono anche prodotti che non contengono lattosio benché tutti lo pensino. Vale ad esempio per molti tipi di formaggio, come il gouda e il parmigiano. Ecco una regola generale che può venire in tuo soccorso: maggiore è la stagionatura del formaggio, minore è il contenuto residuo di lattosio. Infatti, in fase di stagionatura il lattosio si trasforma progressivamente in acido lattico.

  • Consiglio 4: vai sul sicuro con i farmaci per l’intolleranza al lattosio

In caso di emergenza, puoi ricorrere ai medicinali per l’intolleranza al lattosio. Nascono con l’obiettivo di sostituirsi all’inesistente enzima lattasi nell’intestino, e permettere così una digestione indolore. Tuttavia, spesso il dosaggio si rivela difficile e deve essere calibrato su base individuale. Dipende ad esempio da quanto lattosio è contenuto nei cibi, o da quanto lattosio è in grado di tollerare la persona affetta. I farmaci non sono concepiti per un uso a lungo termine, pertanto devono essere assunti solo in casi eccezionali, ad esempio per festeggiamenti di qualche tipo.

 

 

  • Consiglio 5: imparare ad apprezzare le alternative ai latticini

Esistono molti modi per evitare il latte. Che si tratti di alimenti privi di lattosio o alternative vegetali, oggi il mercato è letteralmente invaso dai prodotti sostitutivi. Questo ampio assortimento fa sì che molte persone affette non si sentano più limitate, come invece accadeva solo pochi anni fa.

La più classica tra le alternative al latte è la bevanda di soia. A base di fagioli di soia e acqua, nella maggior parte dei casi è anche arricchita con calcio. Una caratteristica tipica di questa bevanda è il suo aroma delicato, che spesso però si declina in vari gusti, come cioccolato, vaniglia o banana. In cucina, in particolare, la bevanda di soia si dimostra una valida alternativa al latte vaccino.

Oltre alla soia, esistono molte altre alternative di origine vegetale, ad esempio la bevanda di riso. Anche in questo caso, l’ingrediente principale della bevanda si intuisce chiaramente dal nome. Questo sostituto ha una nota leggermente dolce, ma in linea di massima il sapore è neutro. È particolarmente adatto a chi soffre anche di allergia alla soia o alla frutta a guscio.

Dopo la variante alla soia, probabilmente l’alternativa più diffusa è la bevanda di avena. Al pari dell’avena, anche altri (pseudo)cereali come farro, miglio e grano saraceno vengono trasformati in drink e resi disponibili sugli scaffali dei supermercati. Le bevande a base di cereali hanno il vantaggio di essere più povere di calorie e grassi rispetto al latte intero.

  • Consiglio 6: alternative al latte fatte in casa

Per concludere, diamo un’occhiata alle alternative per gli irriducibili della frutta a guscio. Una di queste è il celeberrimo latte di mandorla, ma si possono ottenere prodotti sostitutivi anche dalla lavorazione di nocciole, anacardi o noci di macadamia. Molti di questi sono semplici da realizzare a casa.

Per fare il latte di mandorla, per esempio, servono solo 100 g di mandorle tritate, che andranno mescolate con il doppio di acqua. Dopodiché riponi il composto in frigorifero per due ore, rimestando di tanto in tanto. Una volta raffreddato, filtra il composto usando un panno di cotone a maglia fine. Et voilà, la tua bevanda alla mandorla è pronta!

Anche la ricetta per preparare il latte di cocco è molto facile e veloce. Il suo sapore dolciastro lo rende particolarmente adatto per i dessert, ma anche per piatti esotici. Comincia mescolando 100 g di cocco in scaglie con 500 ml di acqua e lascia riposare il composto per un tempo compreso tra le due e le quattro ore. Dopodiché portalo a ebollizione, rimestando di continuo. Quando bolle toglilo dal fuoco, lascialo raffreddare e, anche in questo caso, filtralo usando un panno di cotone a maglia fine. Divertiti a sperimentare!